Giovedi 2 agosto in piazza Hortis è andata in scena una favola nella favola.
C'era un pubblico che era venuto ad assistere ad una animazione e un gruppo che si esibiva interagendo con il pubblico con vari personaggi (due gabbiani, Nestore e Argo, due cigni, Antonio e Cleo, due folletti, Geco, un mago Rem Cipao, un gruppone di gabbiani).
Man mano che la favola scritta con amore da Ennio Braida andava avanti e i personaggi uscivano nella piazza ad interagire con il pubblico, si stava creando un'altra favola, venivano abbattute le differenza, venivano tolti i sostegni e veniva dato spazio alla libera espressione, alla messa in gioco di emozioni attraverso la semplicità e la spontaneità, bambini, anziani, educatori, assistenti, genitori, studenti, vacanzieri, passanti, tutti i presenti venivano avvolti da una bolla di gruppo, dove ognuno era protagonisti del momento.
Alla fine la piazza è tornata quella di prima ma nel giardino segreto di ognuno di noi è stato messo un seme molto importante, quello del divertimento nel senso di divergere lo sguardo e il pensiero in angolazioni più ampie, quella dell'animare nel senso di dare vita, quello dell'educazione nel senso di condurre, portare alla luce.
Poter comunicare, emozionando ed emozionandosi, e poi regalare quello che si è costruito a chi ha voglia di vederlo. Abbiamo iniziato andando oltre quella sedia, poi siamo andati oltre quell’età, e poi ancora oltre quel colore della pelle, oltre quella diversità, oltre quella religione, e continuiamo ad andare……… OLTRE.
Nel percorso abbiamo avuto una trasformazione, in un gruppo di persone che si sente libero di esprimersi ognuno con le proprie capacità e con i propri limiti senza giudicare né sentirsi giudicati, in questo modo abbiamo tirato fuori la nostra voglia di vivere e far uscire i nostri versi, pensieri, gesti, canti, balli, emozioni, oltre l'etichetta di disabili, diversamente abili, timidi, stressati, disturbati, strani, esagerati che sia. I genitori si accorgono del salto di qualità dei loro figli che si sono liberati dalle catene del simbolo e si sentono liberi di essere persone con un handicap ma chi non ce l'ha? E così noi non diamo importanza all'handicap ma all'espressione di se stessi.
Si pensa troppo al sintomo, alla sindrome , al problema e c'è troppo poco spazio per la persona, noi vogliamo affrontare le sbarre della superficialità … c'è una ragazza che si era chiusa in se stessa e attraverso la teatrabilità si è permessa di recitare la sua rabbia e anche la sua passione d'amore…si sfoga e dice posso vero? Siamo a teatrabilità…ed ecco la recita di se stessi…..e lei commenta così: "Mi stanno attaccati, non mi lasciano vivere, io voglio vivere!
Mi piace il teatro! Quando siamo svegli dal sonno della banalità possiamo imparare giocando o creando.
Il teatro è un mezzo della mia vita, si impara crescendo insieme al gruppo per poi essere pronti ad andare nel mondo come individui..
Io non sono disabile, io sono Olly (Maria Benedetta Poillucci)
E Libera Ziviani aggiunge: "se io sono diversamente abile, tu sei diversamente sano ed inutilmente abile che mi fai impazzire.
Un grazie di cuore ad Ennio Braida, Maurizia Moro e l'associazione In Cammino per averci dato questa opportunità al Comune di Trieste per averci aperto le porte a questa iniziativa nel contesto di "Serestate" e al gruppo "Oltre quella sedia" per il coraggio di osare e andare oltre.
Marco Tortul
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